Il 3 giugno è la Giornata mondiale della bicicletta, indetta nel 2018, quale giornata ufficiale delle Nazioni Unite per la consapevolezza dei benefici sociali derivanti dall’uso della bicicletta come mezzo di trasporto e per il tempo libero.
La bicicletta è quel mezzo meraviglioso che ci permette di spostarci in modo rapido ed efficiente, apprezzando lo spostamento e i benefici individuali in termini di salute e benessere, ma è anche quel mezzo che da un’azione individuale permette di creare benefici a livello collettivo, ancora troppo poco riconosciuti e sostenuti.
E quindi anche il World Bycicle Day, come ogni giornata mondiale, deve essere più un’occasione per riflettere e fare il punto della situazione, che per festeggiare – anche perché noi che pedaliamo festeggiamo un po’ ogni giorno -. E lo vorrei fare parlando di auto. Lo so, per quella cosa del “non pensare all’elefante” (cit. G. Lakoff, lettura che tra l’altro consiglio se bazzicate il mondo dell’attivismo) andrebbe contro ogni regola comunicativa e cognitiva, ma è l’occasione giusta per rilanciare l’intervista uscita qualche giorno fa su Repubblica Torino, a firma Federica Cravero che ringrazio, a Maria Cristina Caimotto che, oltre ad essere un’amica, tra le fondatrici di Fiab Torino Bike Pride e la persona con cui ho il piacere di condividere e confrontarmi su questioni attivista-linguistico-comunicative, è una docente all’ Università degli Studi di Torino e qui, a partire dal suo libro e oggetto di studio “Discourses of Cycling”, spiega la dipendenza dall’auto e il fulcro di quel “serve cambiare la mentalità”, dietro cui spesso ci nascondiamo nel non accettare che per cambiare la mentalità, serve riconoscere una condizione di dipendenza, un’assuefazione e un automatismo non solo individuale ma a livello di società che ci ha portato e ci porta a continuare a pensare agli spazi pubblici luoghi di dominio del mezzo a motore e non luoghi di incontro e di gioco per le persone, luoghi in cui si possa assaporare la bellezza degli spostamenti e il benessere. Ecco per cambiare la mentalità serve partire da qui.
Lascio anche il pezzo precedente da cui questa intervista è nata, perché rende bene l’idea.
Quindi sì #parlospessodibici, ma per festeggiare la bici non basta parlare solo di bici.